Il primo dei Cays a Caselette

Quando Carlo Cays nasce (a Torino, il 21 novembre 1813), il padre, il conte Luigi Francesco Cays (1769-1835) ha già ereditato da alcuni anni il castello di Caselette con relative proprietà, ma non ne ha ancora l’effettivo possesso. Nobile della zona di Nizza, si è inserito fin da ragazzo alla corte di Torino come paggio d’onore del re Vittorio Amedeo III e ha fatto carriera nell’esercito piemontese. Nel 1792 ha perso le proprietà nel Nizzardo, confiscate dai Francesi in seguito alla Rivoluzione, ed è rimasto a Torino perdendo ogni carica nel periodo dell’occupazione francese del Piemonte. Con la Restaurazione e il ritorno dei Savoia (1814), viene reinserito a corte, dove diventerà Primo Scudiero della Regina e colonnello dell’armata sabauda.

Il castello, eredità dei Cauda

L’eredità del castello di Caselette, confermata dopo il 1814, è dovuta a una erede dei Cauda (la famiglia che era titolare del castello dal 1640 circa) che a fine ‘600 aveva sposato un Cays portando in dote le sue proprietà in Caselette. Sul castello il conte fa ben presto eseguire dei lavori, nel corso dei quali si rinvengono le lapidi funerarie di epoca romana (oggi al Museo di Antichità di Torino) che costituiscono le più antiche testimonianze scritte trovate in Caselette (risalgono a un periodo tra I e II secolo d.C.).

Luigi Cays sindaco

Risolte alcune dispute con il Comune relative a suoi pretesi diritti in qualità di signore del castello, Luigi Francesco Cays nel 1820 si inserisce discretamente sulla scena municipale caselettese come consigliere comunale, per poi diventare sindaco del paese 5 anni dopo (1825). Non era cosa consueta per i nobili di quel tempo accettare un impegno amministrativo in un piccolo ambito locale, nonostante le sollecitazioni che spesso rivolgeva loro l’Intendenza di Torino; è probabile che ad incoraggiare il conte ad accettare la nomina a sindaco siano stati, da una parte, il dovere di una collaborazione verso le autorità di governo (dopo aver ricevuto un indennizzo per i beni di famiglia presso Nizza che erano stati espropriati) e, dall’altra, il pensiero che potesse essere facile, in un piccolo paese, vincere la diffidenza del gruppo dirigente locale. Cosa, quest’ultima, che il conte ottiene con gesti di munificenza pubblica, come il concorso in spese per lavori sulla chiesa parrocchiale e sulla casa comunale.

La questione del nuovo cimitero

Meno munifico si mostra invece il Cays riguardo alla costruzione del nuovo cimitero, impresa che il Comune deve deliberare (maggio 1832) perché messo alle strette da ripetuti richiami governativi. In realtà era almeno dagli anni ’70 del ‘700 che la situazione del cimitero era diventata un problema: già il vescovo di Torino nel 1772 aveva richiesto la costruzione di un nuovo camposanto per le condizioni di disordine e trasandatezza in cui versava quello vecchio presso la chiesa; nel 1777 un editto di Vittorio Amedeo III aveva chiesto a ogni comune di costruire il cimitero fuori del centro abitato; ma non se n’era fatto nulla (per problemi finanziari e per contrarietà della popolazione, abituata da secoli a seppellire i morti presso la chiesa parrocchiale). In età napoleonica l’estensione al Piemonte dell’editto di Saint-Cloud (1804), che dettava norme rigorose in materia funeraria, aveva spinto vari comuni ad avviare la costruzione di nuovi cimiteri, ma la cosa era andata per lo più a rilento.

A Caselette l’opera richiede quattro anni: prima c’è un contrasto tra Comune e Parrocchia per la scelta del terreno, poi il conte Cays si rifiuta di cedere l’appezzamento di sua proprietà (subito dietro la cappella di S. Rocco) su cui Comune e Parrocchia si sono trovati d’accordo e su cui c’è l’approvazione governativa, poi il Comune non accetta l’offerta del Cays di cedere gratuitamente un altro suo terreno un po’ più lontano; e si perdono così tre anni.

La svolta nella vicenda è nell’estate del 1835. A luglio muore il conte Luigi Francesco Cays. Il figlio, Carlo Cays, si dichiara disposto a cedere gratuitamente un suo terreno intermedio tra i due appezzamenti prima in discussione; così, dopo l’autorizzazione governativa, nel 1836 il cimitero viene finalmente costruito, con una spesa di circa 4.000 lire, a cui il conte, che ha già ceduto gratis il terreno, concorre con una donazione di 400 lire.

carlo-cays-1Il primo mandato da sindaco di Carlo Cays

Esordisce così sulla scena pubblica caselettese il più noto personaggio della Caselette ottocentesca e tra i più importanti di tutta la storia del paese. Ha 23 anni, essendo nato il 21 novembre 1813, figlio di Luigi Francesco Cays e di Vittoria Brizio della Veglia. Ha studiato a Torino dapprima in un collegio dei Gesuiti e poi all’Università, dove si è laureato (in quello stesso 1836) in giurisprudenza. Sta per sposare la sedicenne Erminia Agnese Provana del Sabbione (il matrimonio viene celebrato nel maggio del 1837) e ha di Caselette una conoscenza diretta piuttosto limitata per aver trascorso verosimilmente solo qualche periodo di vacanza al castello.

Meno di tre anni dopo (inizio del 1839) è investito della carica di sindaco per il triennio 1839-42. Come si presentava allora Caselette?

Caselette nel primo Ottocento

Un testo di quegli anni, assai noto anche se un po’ di maniera, ce ne può fornire qualche spunto interessante: è il Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli Stati del re di Sardegna compilato dal Casalis tra il 1835 e il 1856, un’opera con cui il governo sabaudo cercò di coinvolgere città e paesi nell’esaltazione del regno attraverso le memorie storiche e la descrizione della realtà economica e sociale di ogni comunità. La voce “Caselette” è nel vol. 4, del 1837; l’informazione che offre è piuttosto generica e assai manierata: scadente nei cenni storici, al limite dell’oleografia nelle osservazioni sulle risorse naturali e sugli abitanti (sul finire dell’autunnale stagione non manca il selvaggiume, e sul monte i cacciatori fanno buone prede di augelli ricercati… Nell’estensione del territorio giacciono due laghi che abbondano di saporose tinche e altri pesci… I terrazzani sono robusti ed industriosi), la voce si mostra più interessante nei ragguagli socio-economici: Il territorio è ricco di vigneti … è assai ferace di fromento, granoturco e segale; abbonda eziandio di boschi atti a provvedere molto legname da costruzione e soprattutto da bruciare. Le sue strade sono comunali (…) Torna peraltro a grave danno degli abitanti che le accennate vie si trovino in cattivo stato, perché sono eglino costretti a fare il trasporto dei loro prodotti con sì gravi dispendi da esserne malamente compensate le loro continue fatiche. E’ qui evidente il nesso tra precarietà delle vie di comunicazione e limitatezza di sviluppo economico: problema cruciale su cui non a caso si indirizzano numerosi interventi dell’amministrazione comunale tra fine anni ’30 e inizio anni’40.

Una politica di opere pubbliche

È proprio la viabilità a caratterizzare il primo triennio da sindaco di Carlo Cays (1839-42), non solo per il numero di opere deliberate e realizzate ma anche per gli obiettivi economici e sociali con cui vengono progettate.

Il Cays si fa promotore di una vera e propria politica di opere pubbliche che mira esplicitamente a porre le risorse comunali al servizio dello sviluppo del paese, con due obiettivi: aprire ai proprietari la possibilità di smerciare all’esterno una parte della produzione agricola e offrire ai più poveri una prospettiva occupazionale. Basta osservare, a titolo di esempio, la motivazione con cui il Consiglio comunale, su proposta del sindaco, delibera nel 1841 un cospicuo stanziamento per riparare e allargare un lungo tratto della strada per Val della Torre: considerando che la riadattazione della strada di cui si tratta è opera più che vantaggiosa perché facilita la comunicazione tra i paesi ed aumenta così il commercio, è pure cosa utilissima per questo paese sul riflesso che nell’esecuzione dell’opera si impiegano un numero considerevole di persone povere che ricavano il loro sostentamento dalle loro giornaliere fatiche.

Interventi sulle strade comunali

In quegli anni si interviene a risistemare e allargare tutte le strade comunali di collegamento con i paesi vicini (verso Almese, verso Val della Torre e verso Alpignano). Ma è il collegamento con Alpignano ad essere percepito come il vero nodo cruciale della viabilità caselettese: è la strada obbligata tanto per il capoluogo del Mandamento che è Pianezza, quanto per un centro commerciale importante come Rivoli, ma soprattutto per la capitale Torino. Ciò spiega l’insistenza con cui il Comune nei primi anni ’40 – cioè in un momento in cui il gruppo dirigente del paese tenta di aprire Caselette allo sviluppo economico che in quegli anni sta investendo il Piemonte – cerca un accordo con Alpignano per migliorare l’asse viario che apre verso il Torinese. Ma è un’operazione difficile, perché Alpignano ha poco interesse a impegnarsi sulla strada verso Caselette; così varie proposte non vanno oltre la fase del progetto.

L’operazione non va in porto, ma dimostra che la situazione finanziaria del comune di Caselette ha raggiunto in quel periodo una certa solidità, cosa che consente di operare in quegli anni numerose iniziative, soprattutto  molti interventi edilizi: riparazioni alla casa comunale, al campanile della chiesa parrocchiale, alle strade del centro abitato, alle cappelle di S. Rocco e S. Abaco; la costruzione di una sacrestia e l’acquisto di banchi per la chiesa parrocchiale; la costruzione del un muro di cinta del giardino parrocchiale verso il castello; la sistemazione di strade sulla montagna.

Lavori al castello e il dramma famigliare del conte

erminia-provana-caysIn quegli anni intorno al 1840 il conte Cays fa eseguire vari lavori sul castello di Caselette, compresa la sistemazione del giardino e del parco affidata al progetto di uno dei maggiori architetti di parchi e giardini dell’epoca, il tedesco Xavier Kürten (giunto a Torino in età napoleonica e poi alle dipendenze dei Savoia).

La vita familiare del conte conosce in quegli anni gioie e sventure: un anno dopo il matrimonio, nel 1838 nasce la figlia Vittoria, che muore però piccolissima; nel 1841 nasce l’erede maschio, Luigi Casimiro; ma nel 1845 la moglie Erminia muore di malattia a soli 24 anni. L’anno dopo il noto pittore Francesco Gonin – artista in quegli anni già solidamente affermato nell’ambiente di corte torinese e particolarmente apprezzato come ritrattista nell’alta società piemontese e lombarda – esegue per il conte il bellissimo ritratto di Erminia con il piccolo Luigi Casimiro: il dipinto (studiato da due storici dell’arte in un articolo pubblicato nel 1989) è considerato tra i capolavori del Gonin e “una delle testimonianze più felici della ritrattistica romantica piemontese”.

Il secondo triennio da sindaco

Proprio in quel per lui tristissimo 1845 Carlo Cays è di nuovo alla guida del Comune con un secondo triennio da sindaco (1845-47).

L’impegno a sistemare la viabilità, viste le difficoltà frapposte da Alpignano all’intervento sulla strada fra i due comuni (questione che si trascinerà ancora per parecchi anni), si concentra sulle strade del centro abitato e su quelle prossime ad esso: si rifanno vari tratti di selciato, si ripara la via Ravetto, si allarga la strada del Rollé (attuale via Castello).

Il sindaco e il parroco

Una linea di collaborazione tra comune e parrocchia (o tra il sindaco Cays e il parroco don Matteo Tivano), già emersa in precedenza, produce varie iniziative in cui la disponibilità civica a sostenere le esigenze della parrocchia si abbina all’affidamento a questa di interventi di soccorso alla popolazione: così, ad esempio, l’amministrazione comunale nel 1847 paga a don Domenico Tivano (fratello del parroco e maestro nella scuola comunale) le spese per la frequenza a Torino di un “corso di metodo” richiesto dall’autorità governativa perché possa continuare a prestare il suo insegnamento in Caselette, e alla parrocchia affida il compito di ripartire e organizzare la distribuzione di un sussidio per i poveri in un momento in cui il rincaro dei generi di prima necessità spinge il governo sabaudo a chiede ai comuni un’attenzione agli indigenti (nel contesto di una crisi a dimensione europea, che fa sentire i suoi effetti anche in Piemonte). In quello stesso anno si comincia a parlare di un progetto di ampliamento della chiesa parrocchiale, che il sindaco si dichiara disponibile a finanziare, anche se questo significa un ridimensionamento di altri impegni.

Il 1848 e i cambiamenti nell’amministrazione

Il 1848, l’anno dei grandi sommovimenti a dimensione europea, si apre a Caselette con l’inizio del terzo mandato di sindaco del conte Cays. Ma grandi eventi incalzano dall’esterno: tensioni e attese crescono in Torino alla notizia di agitazioni in Sicilia, a Napoli e a Milano e della concessione di uno statuto da parte del Granduca di Toscana; Carlo Alberto concede lo statuto (promulgato il 4 marzo); giungono gli echi di rivoluzione in Francia (instaurazione della repubblica); ad aprile Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria (alla campagna militare, la cosiddetta 1^ guerra d’indipendenza, chiusa dal disastro di Custoza, partecipano ben 15 caselettesi). A ottobre una nuova legge sulle amministrazioni comunali e provinciali, cambia i modi di nominare i rappresentanti locali: i consiglieri comunali sono eletti in numero di 15 dai cittadini con diritto di voto su base censitaria (a Caselette su una popolazione di 612 abitanti ci sono 67 aventi diritto) e tra gli eletti che hanno avuto più voti l’autorità governativa nomina il sindaco, a cui si affianca una giunta di 4 membri eletti dal consiglio. Il Cays non è più sindaco, ma resta nel Consiglio.

1854: la famiglia reale a Caselette

Nel corso degli anni ’50 non mancano, nella vita del paese, le iniziative promosse e in vario modo sostenute dal conte, compreso un evento eccezionale per Caselette come il soggiorno al castello della famiglia del re in occasione dell’epidemia di colera del 1854. La regina madre Maria Teresa e la regina regnante Maria Adelaide, moglie di Vittorio Emanuele II, con i figli sono ospiti del conte da luglio a ottobre di quell’anno: non disdegnano di incontrare i caselettesi, lasciano offerte per i poveri e danno sostegno a opere per la chiesa parrocchiale e per il santuario di S. Abaco. Due lapidi ricordano ancora oggi la reale visita: una è ancora oggi murata presso l’entrata del vecchio municipio; l’altra è posta presso un ingresso laterale del castello.

I grandi lavori al santuario di Sant’ Abaco

Il conte dedica in quegli anni una speciale attenzione al santuario di S. Abaco, soprattutto lungo la stagione dei grandi lavori degli anni ’50, quando un clima di devozione assai sentita e partecipata verso i santi martiri là venerati favorisce e stimola progetti di ampliamento e abbellimento dell’edificio. Dopo alcuni interventi compiuti nel 1842 con finanziamenti comunali, si avvia nel 1851 un quinquennio di intensa attività edilizia finalizzata a un ingrandimento della cappella, e di pari passo con questi lavori si realizza, tra il ’51 e il ’54, la strada che sale al santuario: opera di volontariato, essa è frutto della mobilitazione della gioventù del paese, che, spronata dal conte Cays, vi dedica con entusiasmo le sue energie nei giorni festivi; lungo la strada poi vengono edificate tra il ’54 e il ’56 le cappellette della Via Crucis (quelle che don Bosco, che visiterà Caselette qualche anno dopo, definirà monumento parlante della pietà e della religione dei caselettesi). La crescente affluenza dei devoti a S. Abaco nel giorno delle celebrazioni fa ritenere ormai inadeguate le dimensioni della cappella: così nel 1859 si riapre il cantiere dei lavori: l’edificio, ampliato e risistemato nel corso di più interventi edilizi, raggiunge verso il 1870 la fisionomia esteriore che con poche modifiche è durata fino ad oggi. Al conte si deve anche, in quegli anni, una piccola ma importante operazione editoriale a favore di S. Abaco: la pubblicazione nel 1861 di un libretto, scritto da don Bosco (di cui il Cays è amico e collaboratore) ma utilizzando studi e ricerche del conte stesso, che vuole così contribuire alla diffusione della venerazione per i santi martiri Abaco e soci. Quello con don Bosco è un legame stretto: il conte è tra i primi collaboratori dell’opera di carità di don Bosco in Torino, e don Bosco è qualche volta ospite del castello di Caselette.

L’impegno politico del conte

Nel corso di quegli anni il conte vive anche una breve stagione di impegno politico ad alto livello: dal 1857 al 1860 è Deputato del Collegio di Condove al Parlamento Subalpino: convinto a candidarsi su richiesta di don Bosco e don Cafasso, d’intesa con il vescovo che spinge per avere candidati di provata fede cattolica, il conte si schiera in Parlamento con il gruppo della destra cattolica legata agli ambienti clericali, votando spesso contro il governo e segnalandosi talvolta per posizioni tutt’altro che progressiste.

carlo-cays-2Collaboratore di don Bosco

Nel corso degli anni ’60 e dei primi anni ’70 Carlo Cays continua a far parte dell’amministrazione comunale di Caselette, sia pure come semplice consigliere, alternando soggiorni al castello con i numerosi impegni in Torino, dove ha incarichi di responsabilità nella opere di carità delle Conferenze di S. Vincenzo e collabora intensamente all’opera di don Bosco. Intanto ha preparato il matrimonio del figlio Luigi Casimiro, che nel 1863 sposa Antonia Cavalchini Garofoli.

Nei suoi soggiorni a Caselette il conte non manca di dedicarsi a qualche hobby di cui è particolarmente appassionato: alleva bachi da seta, si dedica alla rilegatura di libri e ama scrivere sciarade in poesia.

Gli ultimi anni

Nel 1878 il conte dà le dimissioni da consigliere comunale, in coincidenza con la sua ordinazione sacerdotale. Si è orientato da qualche anno verso quella scelta e, sotto la guida di don Bosco, compie il percorso spirituale necessario; è ordinato dal vescovo nel Duomo di Torino il 20 settembre 1878. Come sacerdote salesiano collabora attivamente ad alcune opere della Congregazione di don Bosco, fino al 1882.

Dopo un’ultima visita a Caselette sul finire dell’estate, muore a Torino il 4 ottobre di quell’anno. A Caselette il consiglio comunale il 22 ottobre commemora ufficialmente l’illustre scomparso e fa erigere nella sala Municipale un busto marmoreo e una lapide che recita: AL CONTE / CARLO CAYS DI GILETTA E CASELETTE / DI QUESTO COMUNE / INSIGNE BENEFATTORE E AMMINISTRATORE / PRIMA GENITORE OTTIMO E AFFETTUOSISSIMO / POI ZELANTE SACERDOTE SALESIANO / NELLA FAMIGLIA E NELLA CHIESA / DI RARE VIRTÙ CIVILI E RELIGIOSE / SPECCHIO E MODELLO / A MONUMENTO DI IMPERITURA MEMORIA / IL MUNICIPIO DECRETA.

Nota bibliografica

Il presente testo riprende in sintesi quanto sul conte Carlo Cays è stato esposto in una più ampia trattazione sull’Ottocento caselettese, in D. VOTA, La comunità civica nell’Ottocento, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 305-397.

Sulla figura del Cays non esistono studi specialistici d’insieme o ricerche su aspetti specifici condotte con taglio scientifico, ma solo lavori divulgativi, per lo più a scopo edificante: L. TERRONE, Il Conte Cays, sacerdote salesiano, Colle don Bosco 1947; C. RUSSO, Carlo Cays di Caselette cooperatore di don Bosco, s.d. (ma 1994).