L’origine del centro agrario di Camerletto

A partire dalla metà del IX un pezzo importante della storia di Caselette si legò a quella dell’abbazia di Novalesa. In un anno imprecisato intorno all’850 (il documento non è pervenuto, la notizia e nella Cronaca di Novalesa di fine XI secolo) due nobili di Susa, Erigario e la moglie Lea, donarono a quell’abbazia alcune terre in Caselette che costituivano la curtis Veseneribus, un centro agrario presso il mons Vesenius (= Musiné), nucleo originario del Camerletto, in un periodo in cui l’abbazia novalicense stava espandendo le sue proprietà verso le ricche terre di pianura.

La ricostruzione dell’XI secolo

Probabilmente abbandonato nel secolo successivo, quando dopo il 920 i monaci di Novalesa in tempi di insicurezza lasciarono la loro sede in Val Cenischia per rifugiarsi prima a Torino e poi a Breme in Lomellina, il centro agrario monastico di Camerletto fu ricostruito all’inizio dell’XI secolo, come struttura e come dotazione di terre, da parte della sede torinese di monaci novalicernsi (la chiesa di Sant’Andrea, attuale Consolata), dove probabilmente si conservava memoria dei vecchi possedimenti in Val di Susa. Ssi cercò dapprima di mettere insieme numerosi pezzi di una proprietà fondiaria un po’ vasta e poi di renderla omogenea collegandone almeno certe parti con terreni confinanti.

Oltre a risolvere qualche contrasto con proprietari locali interessati anche agli usi comuni sul Musiné, i monaci novalicensi conclusero contratti (acquisti: nel 1020; permute: nel 1043; donazioni: nel 1025, 1034, 1050, 1071 e 1072) con proprietari terrieri che in parte risiedevano a Torino, alcuni inseriti come funzionari nei ranghi dei marchesi o dei vescovi, arrivando a dotare Camerletto di numerosi fondi agricoli (terre aratorie, prati e vigneti) e appezzamenti boschivi. L’azienda agricola di Camerletto (Campus Merletum almeno dal 1050) doveva fungere anche da centro di raccolta di prodotti provenienti da altre proprietà novalicensi situate in territori vicini.

I monaci di Camerletto e la chiesa di San Giorgio

Ma i monaci vollero anche recuperare o acquisire il possesso della chiesa di S. Giorgio in località Comilitate (l’attuale centro storico), che era finita da tempo in mano a privati, e lo ottennero con un’operazione a più passaggi (1043: l’abate Aldrado ricevette la proprietà di una parte della chiesa da un certo Balduino, che l’aveva comprata dai coniugi Ugo e Valdrada). Attraverso il controllo della chiesa di S. Giorgio, i novalicensi puntavano a costituire una parrocchia monastica che fosse punto di riferimento per gli abitanti del nucleo abitativo sorto presso di essa e strumento di controllo, economico e religioso, del territorio. Si avviava così la nascita a Caselette di una parrocchia sotto tutela monastica.

I contrasti con i signori “da Caselette”

Ma a contrastare l’influenza di Camerletto in territorio caselettese si poneva l’emergere di alcuni importanti proprietari laici, ben inseriti negli alti livelli sociali della città di Torino, che si avviavano a diventare i maggiori signori del luogo, poi conosciuti come i “da Caselette” (con la loro probabile residenza fortificata sul sito dell’attuale castello Cays), che cominciarono a operare a danno dei patrimoni fondiari dei Novalicensi di Camerletto.

Apogeo e declino del monastero

Tra XI e XIII secolo Camerletto non solo era ben radicato nella vita religiosa di Caselette, ma costituiva il motore dell’economia agricola e la fortuna di alcune famiglie: numerosi uomini del paese affittavano o lavoravano terre del monastero, alcuni ottennero da esso dei beni in enfiteusi che, trasmessi in via ereditaria, divennero la base economica di quelle famiglie che vennero formando il nerbo del nascente comune. A fine ‘200 la comunità locale, organizzata in un rudimentale ordinamento comunale, cominciò a rivendicare  propri diritti economici e giuridici, ad esempio sottraendo a Camerletto nel 1280 l’uso dei boschi del Musiné.

Iniziò così la parabola discendente del monastero di Camerletto, ridimensionato sul piano religioso dal’estendersi dell’autorità dei vescovi di Torino sulla parrocchia di Caselette e sul piano economico dall’azione della comunità e dall’intraprendenza dei signori di Caselette sempre più legati ai conti di Savoia.

Tra Sei e Settecento

Agli inizi del ‘600 Camerletto passò dai Benedettini ai Certosini (1638), e poi ai Cistercensi riformati (Foglienti) (1665), che vi rimasero fino al periodo dell’occupazione francese ai primi dell’800. A inizio ‘700 l’edificio fu ristrutturato, anche a seguito delle devastazioni che aveva subito in precedenza, ricevendo quella sobrietà architettonica che ancora attualmente lo contraddistingue.

Gli ultimi due secoli

All’inizio dell’800 divenne per circa un secolo proprietà della famiglia Ferrero Ponsiglione conti di Borgo d’Ale. Alienato ai Missionari della Consolata, che lo trasformarono in seminario e scuola artigiana, da metà degli anni ‘50 del Novecento appartiene a una famiglia privata che si sta occupando del suo recupero.

Bibliografia

A. FERRERO PONSIGLIONE, Brevi cenni sul castello di Camerletto (dattiloscritto), 1918.

L. PATRIA, “Homines Caselletarum”. Uomini di Caselette. Origine e affermazione di una comunità, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 75-227, in part. pp. 77-100.