Le linee romaniche della costruzione

All’uscita del centro storico del paese verso nord, lungo la prima parte di via Valdellatorre, quasi all’altezza del cimitero, sorge quanto resta della cappella di San Giovanni con le sue linee romaniche ben conservate nella semplice e bella abside.

Costruita in un momento imprecisato tra XI e XII secolo, è un piccolo ma significativo monumento, per il quale una matematica proporzione di volumi, una solare collocazione nello spazio, una razionale alternanza di materiali costruttivi, una rigorosa orientazione ad est secondo le esigenze simboliche della liturgia cattolica antica, produssero un’opera dalla bellezza semplice e splendente, significativa di una pace interiore e allusiva di un’armonia superiore. Così la definisce don Renzo Savarino nel suo contributo al volume storico su Caselette (Aa. Vv., Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 245-246).

La titolazione

Manca una documentazione per più di 5 secoli dalla sua costruzione fino al ‘700, quando risulta di proprietà del conte di Caselette e dedicata a San Giovanni Evangelista e San Giovanni Battista, nelle cui rispettive feste (24 giugno e 27 dicembre) vi si celebrava la Messa. E’ probabile che la titolazione originaria fosse quella del Battista, il cui culto era diffuso nella chiesa torinese fin dal cristianesimo antico; l’omonimia con il Battista e l’affresco della crocifissione con Maria e Giovanni che un tempo campeggiava all’interno dell’abside devono aver favorito l’associazione all’Evangelista.

Una cappella in origine aperta

Alla parte originaria dell’edificio venne più tardi addossata una rozza facciata, costituita da un muro che già a metà ‘700 risultava mal costruito, che i vecchi di Caselette ricordano come pericolante e che crollò negli anni ’70. Probabilmente però la cappella in origine era aperta (come appare oggi) con la parte interna riservata al clero per le funzioni mentre il popolo seguiva la liturgia stando fuori all’aperto.

Il restauro del 1982

Nel 1957, per intervento della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici del Piemonte, l’affresco dell’abside (probabilmente del XV secolo) fu staccato e portato a Torino per sottrarlo all’abbandono e garantirne la conservazione, ma con l’impegno scritto a restituirlo al Comune o all’avente titolo quando la conservazione fosse garantita. Nel 1981 il Comune decise di salvare la cappella da un definitivo degrado: ne assunse la proprietà (che era passata nel tempo a una famiglia caselettese), curò il restauro conservativo di quanto rimaneva (attuato nel 1982) e chiese alla Soprintendenza la promessa restituzione dell’affresco, offrendo le necessarie garanzie.

Il “giallo” dell’affresco

Ma a quel punto la vicenda assunse i contorni di un giallo (che giustificano la finzione narrativa immaginata nel numero scorso): 10 incontri con il responsabile della Soprintendenza da parte dell’allora sindaco Frigieri, un centinaio di telefonate, una relazione al Ministro per i Beni Culturali e un’interrogazione parlamentare non furono sufficienti per riavere l’affresco; il dipinto non si trovava più. La saggezza degli antichi si chiedeva sconsolata: chi custodirà i custodi? (R. Savarino). Tutta la documentazione sulla pratica è conservata in Comune. La Soprintendenza, che aveva prelevato il dipinto per “garantirne la conservazione” ne ha avuto così cura che… l’ha perso.

Bibliografia

R. SAVARINO, Storia religiosa di Caselette, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 229-304, in part. pp. 245-246.