La ristrutturazione del centro agrario di Camerletto

Nel corso dell’XI secolo le vicende meglio documentate che interessarono il territorio di Caselette furono legate ai ripetuti e prolungati sforzi dei monaci della Novalesa di ricostruire il centro agrario di Camerletto, come struttura e come dotazione di terre. Operazione che muoveva dalla sede torinese di quei monaci (la chiesa di Sant’Andrea, attuale Consolata), dove probabilmente si conservava memoria dei vecchi possedimenti in Val di Susa. Da qui si cercò dapprima di mettere insieme numerosi pezzi di una proprietà fondiaria un po’ vasta e poi di renderla omogenea collegandone almeno certe parti con terreni confinanti.

Oltre a risolvere qualche contrasto con proprietari locali interessati anche agli usi comuni sul Musiné (mons Vicinea in un documento del 1020: il nome conservava il ricordo di un’antica organizzazione “vicana” per l’utilizzo di terre comuni, dunque mons Vicinea = “monte del vicus”, villaggio; col che si deve farla finita con la vecchia fuorviante derivazione di Musiné da un fantasioso quanto inconsistente “monte Asinaro”), i monaci novalicensi conclusero contratti (acquisti: nel 1020; permute: nel 1043; donazioni: nel 1025, 1034, 1050, 1071 e 1072) con proprietari terrieri che in parte risiedevano a Torino, alcuni inseriti come funzionari nei ranghi dei marchesi o dei vescovi, arrivando a dotare Camerletto di numerosi fondi agricoli (terre aratorie, prati e vigneti) e appezzamenti boschivi. L’azienda agricola di Camerletto doveva fungere anche da centro di raccolta di prodotti provenienti da altre proprietà novalicensi situate in territori vicini.

La chiesa di San Giorgio: una parrocchia sotto tutela monastica

Ma i monaci vollero anche recuperare o acquisire il possesso della chiesa di S. Giorgio in località Comilitate (l’attuale centro storico), che era finita da tempo in mano a privati, e lo ottennero con un’operazione a più passaggi (1043: l’abate Aldrado ricevette la proprietà di una parte della chiesa da un certo Balduino, che l’aveva comprata dai coniugi Ugo e Valdrada). Attraverso il controllo della chiesa di S. Giorgio, i novalicensi puntavano a costituire una parrocchia monastica che fosse punto di riferimento per gli abitanti del nucleo abitativo sorto presso di essa e strumento di controllo, economico e religioso, del territorio. Si avviava così la nascita a Caselette di una parrocchia sotto tutela monastica.

L’emergere dei signori “de Caselette”

Ma a contrastare l’influenza di Camerletto in territorio caselettese si poneva l’emergere di alcuni importanti proprietari laici, ben inseriti negli alti livelli sociali della città di Torino, che si avviavano a diventare i maggiori signori del luogo, poi conosciuti come i “da Caselette”, di cui il primo noto è un Ottone di Caselette vissuto negli ultimi decenni dell’XI secolo e legato in più occasioni ai visconti di Baratonia (presso Varisella).

Nella prima metà del XII secolo questa famiglia era ormai inserita nell’area di influenza dei conti di Savoia e la sua presenza a Caselette fungeva da controllo della via Vercellensis, la strada che collegava, attraverso il territorio caselettese, la valle di Susa con il Canavese (ad esempio il controllo del passaggio delle greggi transumanti, affidato nel 1137 ad Aldo di Caselette, figlio di Ottone).

L’abbandono dell’antica Caselle  e il sorgere di Casellule

A metà del secolo gli eredi di Aldo, tra cui un Guido Ottone, compaiono nei documenti come de Casellulis, denominazione che si distingue dal più vecchio toponimo Caselle che indicava l’antico abitato tra Camerletto e la Dora: indizio di uno sdoppiamento dell’insediamento caselettese che probabilmente in quegli anni, intorno al 1150, era ormai in atto. L’abitato vecchio corrispondeva a quello che più tardi, tra Due e Trecento, sarà conosciuto come località Villare (nel 1265 si parla di campo de Vilario in territorio de Camarleto; a metà Trecento delVillarius erano ancora visibili delle “porte”, cioè probabilmente piccole strutture difensive), la cui identificazione con l’antica Caselle sarà ancora nota a fine Cinquecento (1588: in Casello o vero al Campo Villario). Casellule era invece l’abitato che nel XII secolo si stava sviluppando presso l’attuale centro storico (in quella che era un tempo la località Comilitate), là dove la chiesa di S. Giorgio, da quando era divenuta parrocchia, aveva cominciato ad attrarre abitanti e là dove i signori del luogo avevano posto una loro residenza fortificata (su cui però non si può precisare nulla fino ai primi del Trecento) in posizione adatta al controllo della strada per cui si erano impegnati con i conti di Savoia.

L’antica Caselle fu progressivamente abbandonata a favore di quello che era per il momento un modesto agglomerato in cui povere case in parte si addossavano lungo una via principale e in parte si alternavano a cortili ed aree aperte senza essere un borgo murato.

La cappella di San Giovanni

Risale al XII secolo la cappella di S. Giovanni, forse inizialmente legata a una proprietà delle monache cistercensi di S. Maria di Brione: della struttura ancora in piedi la bella abside, il più antico monumento oggi visibile a Caselette, costituisce l’unica testimonianza rimasta in paese di architettura romanica. Sistemata probabilmente alle origini come cappella aperta (parte interna riservata al clero per le funzioni e parte esterna per i fedeli), quale si presenta oggi dopo il restauro da parte del Comune nel 1982, era un tempo ornata da un bell’affresco tardomedievale che, staccato nel 1957 e trasferito a Torino per intervento della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici del Piemonte per garantirne la conservazione, risulta oggi inspiegabilmente scomparso.

Bibliografia

L. PATRIA, “Homines Caselletarum”. Uomini di Caselette. Origine e affermazione di una comunità, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 75-227, in part. pp. 126-145.

R. SAVARINO, Storia religiosa di Caselette, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 244-252.