A fine ‘600 sorge la scuola a Caselette

Strettamente collegata con la dimensione religiosa ma frutto anche di una consapevolezza civica maturata attraverso lunghe lotte della comunità a tutela dei propri interessi e diritti, sorse a Caselette nel 1685 la scuola: affidata dal comune a un prete che era nel contempo maestro ed educatore religioso, essa ebbe in seguito, pur tra alti e bassi, una storia significativa in cui non mancarono (soprattutto nell’Ottocento) figure esemplari di insegnanti.

Alcuni parroci di rilievo

Così come non mancarono parroci di rilievo: Giovanni Colombo, Pietro Bramante e Francesco Fornaserio nel Seicento furono in vario modo esempi di preti di buon livello culturale, animati da zelo pastorale e punti di riferimento per la comunità in anni difficili di guerre, invasioni, peste, pesanti imposizioni fiscali e collasso finanziario del comune; nel Settecento Claudio Calvetti e Gian Lorenzo Burzio si mostrarono parroci pratici e capaci, ma prima di loro e su tutti svettò nella prima metà del secolo Giovanni Gaspare Forto, personalità poliedrica di uomo e di sacerdote, dotato di notevole cultura, ispirato ad alti ideali pastorali, forse non sempre capito dai parrocchiani ma a loro sinceramente dedito.

I Cauda signori di Caselette

Dopo la parentesi della signoria di Don Emanuel di Savoia negli anni Venti del Seicento, il feudo caselettese con il castello (attuale castello Cays) passò nel 1640 ai Cauda, famiglia di origine biellese di recente nobiltà ma ben inserita ai vertici della burocrazia del ducato, che considerò Caselette una sorta di appannaggio-rendita e luogo di caccia e villeggiatura, mostrandosi fino a fine ‘600 assai aggressiva tanto verso i beni dei monaci di Camerletto quanto soprattutto verso quelli della comunità (specialmente il primo dei Cauda, il conte Giovanni Francesco, che si faceva chiamare il Presidente Caselette, unì con prepotenza il dinamismo borghese delle origini con l’alterigia feudale, tenendo spesso un comportamento altezzoso e violento); solo nel secolo successivo il paese vide ridursi questo esercizio pesante del potere.

Intanto però le difficoltà economiche avevano provocato una certa disaffezione verso le cariche comunitarie e videro modi di partecipazione più ristretti, o limitati a forme semplicemente propositive quando, all’inizio del Settecento, la nomina dei sindaci passò all’Intendente sabaudo su una rosa di nomi presentata dalla comunità.

Un medico e la Congregazione di Carità

Ma nella prima metà del XVIII secolo (quando il paese contava circa 400 abitanti) la situazione economica cominciò a farsi un po’ meno precaria, permettendo al comune di riparare all’indebitamento in cui era caduto nel corso del Seicento e di prendere nuove iniziative: a partire dal 1759 poté, ad esempio, essere assunto un medico per le cure agli ammalati. In quegli anni in ambito parrocchiale era stata istituita (1720) la Congregazione di Carità: in linea col progetto del potere sabaudo di intervenire sul pauperismo con un sistema decentrato sul territorio (utile a scaricare dallo stato alla popolazione i costi del soccorso ai poveri), anche a Caselette la Chiesa fu chiamata a fornire il supporto a un’istituzione (in cui confluirono i beni della vecchia Confraternita dello Spirito Santo) che raccoglieva e distribuiva ai poveri dei generi di prima necessità. Tra contributi comunali e offerte private si poté poi intervenire in diverse riprese sull’edificio della chiesa parrocchiale, rifacendo la parte alta del campanile (1712), demolendo quanto ancora rimaneva della parte più antica della chiesa e costruendo gli attuali coro (1778) e altar maggiore (1782).

Sant’Abaco: Il parroco e l’eremita

Almeno dal primo Settecento è attestato il convergere sul santuario di S. Abaco di una grande venerazione, che vi convogliava ogni anno in occasione della festa (19 gennaio) una folla di fedeli dalle comunità vicine e, pur tra alti e bassi del fervore devozionale, ne faceva un punto di incontro e di aggregazione, sul cui controllo si sviluppò una tensione tra autonomia e parrocchialità. La svolta nella conduzione del santuario attuata nel 1736 dall’intervento accentratore di don Gaspare Forto, che puntò a ricondurre S. Abaco sotto il diretto controllo del parroco, ne segnò la gestione con un’impronta marcatamente parrocchiale rispetto a una vita più autonoma che pare aver avuto in precedenza. Nei decenni centrali del Settecento la situazione si stabilizzò in una sorta di compromesso tra iniziativa laicale e supervisione ecclesiastica, che agirono in accordo anche in occasione di opere edilizie negli anni 1765-70. L’intervento di don Forto aveva probabilmente anche relegato in un ruolo marginale la tradizionale presenza a S. Abaco dell’eremita, singolare figura di asceta e custode del santuario (tra Sette e Ottocento se ne conoscono tre: Antonio Bertolotto, Tommaso Gollier e Michele Rocco Carnino), escluso da funzioni gestionali anche per via della conduzione del santuario affidata a un priore a tempo indeterminato (nei decenni centrali del Settecento si ebbe il rettorato quasi trentennale di Giovanni Battista Putero).

Bibliografia

D. VOTA, Un prete e la sua comunità. Gaspare Forto e la parrocchia di Caselette all’inizio del Settecento, Ldc 1989.

D. VOTA, Il santuario di S. Abaco e la comunità di Caselette tra Sette e Ottocento, in Mario, Marta, Audiface e Abaco martiri venerati nel santuario di Caselette, Alpignano 1993, pp. 157-203, in part. pp. 161-178.

L. PATRIA, “Homines Caselletarum”. Uomini di Caselette. Origine e affermazione di una comunità, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 75-227, in part. pp. 190-227.

R. SAVARINO, Storia religiosa di Caselette, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 276 ss.