L’amministrazione comunale tra nuove esigenze e vecchi problemi
Con il 1848, mentre ben 15 caselettesi parteciparono alla guerra di Carlo Alberto contro l’Austria, l’amministrazione civica vide cambiare regole di elezione e composizione: i consiglieri comunali diventavano elettivi su una base censitaria piuttosto ristretta, tra essi il sindaco era nominato dal re e un quarto dei membri in scadenza ogni anno veniva rinnovato per elezione. Ritornò sindaco Paolo Savarino, e il suo settennato (1849-56) vide interventi su alcuni ambiti nei quali nuove esigenze si affiancavano a qualche vecchio problema irrisolto: l’ancora aperta questione della via verso Alpignano, lavori di ampliamento della chiesa parrocchiale (1854), l’istituzione della scuola femminile (1851), i problemi legati all’instabilità dell’insegnamento della scuola maschile (causati dall’incalzante avvicendamento dei maestri) e al livello modesto della sua istruzione (nel 1858 metà dei caselettesi sopra i 15 anni era ancora analfabeta, la frequenza era condizionata dalle necessità di lavoro delle famiglie), le difficoltà di garantire alla popolazione l’assistenza di un medico residente in paese; e in mezzo a tutto ciò qualche vicenda dolorosa (l’epidemia di colera nel 1854) e qualche occasione di festosa curiosità (il soggiorno nell’estate di quel 1854 delle regine Maria Teresa e Maria Adelaide e figli ospiti del conte Cays al castello).
Caselette al momento dell’unità d’Italia: qualche dato
All’aprirsi del nuovo orizzonte nazionale italiano con l’Unità del 1861 Caselette si presentava con circa 750 abitanti, una popolazione dall’età media piuttosto bassa (un quarto delle persone era nei primi 10 anni di vita, quasi la metà sotto i 20 anni, solo il 5% oltre i 60 anni, nessuno oltre gli 80), per l’80% legata all’attività agricola; il territorio utilizzato era diviso tra seminativi a cereali e un’ampia estensione del vigneto, con una discreta presenza di prati e boschi, mentre il Musiné si offriva allo sfruttamento del legname (la principale voce di entrata del bilancio comunale), all’utilizzo civico di fieno, foglie e impaglio (residuo di antiche forme di economia vicanale, difese coi denti nei confronti delle comunità confinanti) e alla derivazione di acqua dalle fontane della Rablera, incanalata da metà Settecento verso il paese.
I grandi lavori al santuario di Sant’Abaco
Sulla montagna era sempre il santuario di S. Abaco il segno più vivo della comunità, e in quegli anni visse la stagione dei più intensi interventi edilizi della sua storia. In un clima di partecipata devozione, alimentato dall’azione dei fratelli sacerdoti Matteo e Domenico Tivano e dal conte Cays, negli anni 1851-56 e 1859 si attuarono importanti lavori di ingrandimento del santuario e di costruzione della strada che vi sale e lungo essa delle cappellette della Via Crucis; a fine anni Sessanta la somma degli interventi via via effettuati trovò definizione in una forma organica che diede all’edificio una sostanziale simmetria, sia nell’articolazione degli spazi interni che nelle superfici della facciata, con una fisionomia esteriore che con poche modifiche è durata fino ad oggi.
Bibliografia
C. A. GAZELLI DI ROSSANA, La nostra gita a Caselette nell’autunno 1857, Torino 1858.
SAC. G. BOSCO, Una famiglia di martiri, ossia vita de’ santi Mario, Marta, Audiface ed Abaco martiri, con appendice sul santuario ad essi dedicato presso Caselette, Torino 1861.
L. TERRONE, Il Conte Cays, sacerdote salesiano, Colle don Bosco 1947.
D. VOTA, La comunità civica nell’Ottocento, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 305-397, in part. pp. 358-373.
D. VOTA, Il santuario di S. Abaco e la comunità di Caselette tra Sette e Ottocento, in Mario, Marta, Audiface e Abaco martiri venerati nel santuario di Caselette, Alpignano 1993, pp. 157-203, in part. pp. 187-203.
C. RUSSO, Carlo Cays di Caselette cooperatore di don Bosco, s.d. (ma 1994).