Sette secoli in ombra

Da fine III secolo d.C. (ultime tracce abitative sul sito della villa rustica dei Pian dopo il crollo della fase 3) a inizio XI secolo (prima documentazione diretta su Caselette medievale) ci sono per la realtà caselettese almeno 700 anni di ombra per assenza di testimonianze archeologiche e di notizie documentarie dirette. Ci sono solo alcuni indizi, derivabili da documenti posteriori al 1000, che permettono di delineare delle ipotesi su qualche aspetto in un quadro che nello specifico caselettese è ricomponibile solo in pochi frammenti, ma che nelle linee generali deve aver partecipato dei principali fenomeni che interessarono l’Alto Medioevo tra Torino e Valle di Susa.

Passaggi di eserciti e migrazioni, razzie e carestie

Tra III e IV secolo d.C., con il ruolo centrale assunto da Augusta Taurinorum come crocevia nelle comunicazioni con l’oltralpe e come baluardo contro invasioni, anche il territorio caselettese fu interessato – come tutto quello valsusino – da frequenti passaggi di eserciti (la discesa di Costantino dalla Gallia all’Italia nel 312 ne è l’esempio più noto) e da prime migrazioni di popolazioni barbariche.

Nei due secoli successivi ripetute incursioni di Visigoti, Ostrogoti e Burgundi non mancarono di incidere sui nostri territori con razzie e conseguenti carestie. Lo stanziamento di nuclei militari ostrogoti agli inizi del VI secolo a controllo della strada delle Gallie (vicino a Caselette la cosa è attesta ad Almese), mentre il capo goto Sisige costruiva per qualche tempo un dominio autonomo tra Torino e Susa, si inserì in un territorio in cui le vecchie proprietà terriere di famiglie romane tra Augusta Taurinorum e Ad Fines (attestate anche ai piedi del Musiné) si erano dissolte e continuava invece una presenza abitativa ed economica molto povera di piccoli nuclei di popolazione locale.

La presenza longobarda: la chiesa di San Giorgio in Comilitate

Intorno al 570 i Longobardi si insediarono nel Torinese, costituendo un ducato che si preoccupò di controllare militarmente anche il territorio verso la Valle di Susa: a Collegno un nucleo longobardo si sovrappose a un precedente insediamento goto sicuramente a presidio della strada delle Gallie, e all’entrata della Valle di Susa un punto di controllo fu fissato presso la strettoia delle Chiuse. Ma la presenza longobarda non modificò la vita dei ceti locali più poveri.

Indizi per ipotizzare una realtà longobarda a Caselette sono ricavabili da documenti di epoche successive. 1) In un documento del 1043 relativo alla cessione all’abbazia di Novalesa (tramite la sua presenza a Camerletto) della proprietà di una parte della cappella di S. Giorgio, la chiesa è posta in località Comilitate: questo toponimo in –ate è probabilmente longobardo e la titolazione a S. Giorgio può rimandare a fine VII – inizio VIII secolo, quando il santo divenne protettore della monarchia longobarda, tempo a cui risalgono molte chiese a lui dedicate. 2) Negli atti di una Visita Pastorale del 1584 è attesta la sopravvivenza di un fonte battesimale in pietra al centro della chiesa, collocazione che rimanda a epoca longobarda. Da tutto ciò l’ipotesi che l’origine della chiesa di S. Giorgio risalga ad epoca longobarda (VII-VIII secolo) e che Comilitate fosse a quel tempo il nucleo dell’attuale centro storico del paese.

L’abbazia di Novalesa e il nucleo originario di Camerletto

Dalla fine dell’VIII secolo le nostre zone passarono sotto la dominazione dei Franchi e a partire dalla metà del IX un pezzo importante della storia di Caselette si legò a quella dell’abbazia di Novalesa (dapprima, ai tempi della sua fondazione nel 726, avamposto franco verso la Valle di Susa, ma poi presenza estesa con le sue proprietà ben oltre la Valle, quando il vecchio confine delle Chiuse non era più un elemento di divisione).

In un anno imprecisato intorno all’850 (il documento non è pervenuto, la notizia e nella Cronaca di Novalesa di fine XI secolo) due nobili di Susa, Erigario e la moglie Lea, donarono alla Novalesa alcune terre in Caselette che costituivano la curtis Veseneribus, un centro agrario presso il mons Vesenius (= Musiné), nucleo originario del Camerletto, in un periodo in cui l’abbazia novalicense stava espandendo le sue proprietà verso le ricche terre di pianura. Probabilmente abbandonato nel secolo successivo, quando dopo il 920 i monaci di Novalesa in tempi di insicurezza lasciarono la loro sede in Val Cenischia per rifugiarsi prima a Torino e poi a Breme in Lomellina, il centro agrario monastico di Camerletto sarà ricostruito all’inizio dell’XI secolo.

Nel corso del IX secolo ripetute incursioni, di Ungari prima e di Saraceni poi, dovettero colpire con le loro razzie, anche in territori prossimi a Caselette, tanto le proprietà di enti ecclesiastici quanto la povera realtà degli abitanti locali, mentre ex-coloni e servi di quegli enti si impadronivano di parte dei loro beni, ridisegnando così il quadro delle proprietà.

Bibliografia

L. PATRIA, “Homines Caselletarum”. Uomini di Caselette. Origine e affermazione di una comunità, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 75-227, in part. pp. 77-100.

R. SAVARINO, Storia religiosa di Caselette, in Caselette. Uomini e ambienti ai piedi del Musiné dalle origini all’Ottocento, Borgone 1999, pp. 229-304, in part. pp. 238-243.